Anno Domini MCDXLVI, al tempo della Luna delle Acque
In una mattina chiara, mentre la cittadinanza si radunava attorno alla fontana del Custode per attingere acqua, ecco che balzò fuori un pesce, tutto rilucente come cesellato in argento. Non era pesce muto, ma parlante, ché alzò la voce e così ammonì:
“O genti della Città, smettete le vostre contese per le olive, le vostre dispute sui prezzi delle stoffe, le vostre chiacchiere vane! Praticate invece giustizia, sobrietà e buon vicinato.”
Grande fu lo scompiglio. Alcuni si segnarono, credendo d’aver udito un messaggero divino; altri risero, dicendo che il vino della sera innanzi dava strani effetti. Una donna giurò che lo aveva sentito pure ammonirla a non bisticciar col marito, se non per cause gravi.
Il Canonico Stizzito, informato in fretta, bollò la cosa come empietà: “Nessun pesce può predicare, ché i sermoni son cosa di uomini.” Ma non ebbe tempo di proseguire, ché il pesce lo schizzò con un getto d’acqua sì potente che gli fece cadere il cappello.
Dopo aver parlato, il prodigioso animale rientrò nella fontana con gran spruzzo, lasciando la piazza tutta bagnata e confusa. Da quel dì, la fonte è divenuta luogo di pellegrinaggio: alcuni vi portano secchi per cogliere parole di saggezza, altri vi gettano monete sperando che il pesce ritorni.
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