Taverna Poesia
Taverna Poesia è il cuore segreto della Città Bassa, un luogo sospeso tra realtà e immaginazione, dove la birra si mescola alle parole e ogni incontro diventa una storia da raccontare.
Achille, scrittore di epitaffi per animali che hanno attraversato la soglia della vita, vive tra discrezione e silenzi, finché la magia di un locale popolato da personaggi eccentrici, torri del vento e una milonga sotto la neve, non lo conduce alla scoperta più profonda: sé stesso.
Un romanzo che esplora la forza fragile delle radici, l’ironia della storia e la poesia che resiste in ogni vita, anche la più discreta.
Una storia di amicizia, incontri improbabili e scoperte interiori, in cui anche le crepe della vita possono rivelarsi la vera bellezza.
Prologo
"Ho l'erre moscia, da poco intendo. È iniziato tutto come uno scherzo, una sfida tra me e Guai. «Smetto quando voglio» le dicevo. «Te ne innamovevai» rispondeva lei.
Guai aveva ragione.
È che ho sempre ragionato per differenza, sono fatto così. Le mie valutazioni non hanno mai contemplato una matematica complessa. Sono semplice, in fondo. Ma mi è bastato assaggiare un "pev dinci", bermi una "caipivoska" e la mia sobrietà innata si è dissolta, immediatamente.
«Camevieve! Una bivva, anzi, due.»
Ora, preferisco aggiungere."
Un assaggio del capitolo 1: Neve
È apparsa quasi all’improvviso, dal mattino presto, andando poi ad aumentare, poco per volta, nelle ore successive. Si è posata ovunque: sull’acciottolato che accompagna le passeggiate dei cittadini, nella Città Bassa, velando con delicatezza anche il porticciolo; sui pergolati delle case; sui vasi di fiori che fanno capolino dai davanzali che si affacciano sulla Via, la strada principale della Città; sui rami degli alberi, piegati in un inchino forzato interrotto soltanto dai loro scatti improvvisi, quando si liberano di quel peso soffice e ritrovano il gesto naturale di tendere le braccia verso il cielo.
Nevica.
Nevica sull’autunno non sempre tiepido da queste parti, mangiato da un inverno precoce che ovatta questi ultimi giorni di ottobre, e rende giustizia al silenzio. [...]
Un assaggio del capitolo 5: Taverna Poesia
La Taverna Poesia non ha un’insegna degna di questo nome: solo una tavola di legno sbiadita, appesa storta sopra la porta, come se avesse alzato un sopracciglio di fronte a chi si avvicina, con lettere irregolari dipinte in un blu che il sole e la salsedine hanno reso quasi grigio. Eppure, tutti in città sanno dov’è.
È il cuore pulsante della Città Bassa, a due passi dal molo, incastonata tra due vecchi edifici, affacciata sulla Piazzetta del Custode, e le sue finestre, nelle sere d’inverno, emanano una luce calda che sembra promettere conforto a chiunque varchi la soglia.
Dentro invece è un altro mondo. L’aria profuma di luppolo, di legno vecchio e di sale marino portato dal vento. Bottiglie di birra, tutte con etichette diverse e stravaganti, occupano scaffali come trofei conquistati in spedizioni lontane. La luce è calda, filtrata da lampade ambrate che riflettono il colore della birra nei bicchieri.
Lì, dietro il bancone, c’è Osvaldo. [...]
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