Anno Domini MCDLXXXVII, al tempo della Luna di Rugiada
In questi dì, la Torre Alta, che s’erge maestosa al limitare del colle, fece udire suoni sì strani et modulati, che parvero non già lamenti di pietra, ma musiche di cornamusa venuta di terre lontane.
Al principio, la cittadinanza si riscosse con timore, pensando trattarsi di presagio infausto o di sortilegio architettato da genti nemiche. Ma tosto, a misura che le note si componevano in ballata, li fanciulli presero a danzare in tondo, battendo le mani, et li mercanti, invece di serrar bottega, aprirono fiaschi di vino in onore della melodia.
Il Canonico Stizzito, convocato in fretta, arringò la folla con parole gravi: “Non udite canto celestiale, ma trombe diaboliche! Badate a non lasciarvi menare in perdizione.” Ma la Torre, come a scherno, seguitò con un’aria allegra di saltarello, sì che persino le guardie municipali si lasciarono andare a un passo di danza.
Messere Artemio Vano, l’architetto, interpellato sull’origine del prodigio, dichiarò che forse certe correnti d’aria, incanalandosi tra le pietre, producevano armonie inusitate. Ma la popolazione preferì credere che la Torre fosse in segreta alleanza con li musici del cielo.
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